Storie di bambini nascosti e Shoah nella nostra città

Un grande segreto- Una grande avventura
13 novembre: le classi quinte incontrano il dott. Raffaele Bisulli
Progetto “ Bambini nascosti”

Una famiglia: padre, madre, due bambine.
Una famiglia romena ed ebrea.
Siamo a Cesena: novembre-dicembre 1943; la guerra con le sue sofferenze e contraddizioni è in atto come la persecuzione razziale.
La famiglia vive nascosta nella Casa di Cura del dott. Elio Bisulli convinto dall’amico medico prof. Achille Franchini Primario dell’Ospedale Civile di Santarcangelo. Le bambine verranno poi affidate “nascoste” alle Suore della Sacra Famiglia.
Avere come “pazienti” ebrei in Casa di Cura significava andare incontro a conseguenze non indifferenti.
Era un nascondimento “sotto l’incubo di un terrore continuo. Stavano sempre chiusi in camera e tutte le volte che si bussava alla porta, trasalivano come se la Polizia avesse scoperto il loro nascondiglio e fosse venuta a cercarli”
Bisognava assolutamente cercare un altro nascondiglio più sicuro e definitivo: la Svizzera.
Il dott. Bisulli “ confida il grande segreto” a don Odo Contestabile, amico e monaco benedettino dell’Abbazia del Monte di Cesena.
Don Odo accetta di intraprendere “la più grande avventura” della sua vita: portare in salvo la famiglia.
Nel dicembre 1943 dopo un insidioso percorso, ricco di imprevisti e soluzioni, la famiglia accompagnata da don Odo raggiunge il confine svizzero e la salvezza.
Lunedì 13 novembre, il dott. Raffaele Bisulli, figlio di Elio, ha raccontato agli alunni delle classi quinte la storia ed il ruolo del padre nella vicenda, inquadrando l’avvenimento nella complessa epoca storica e nel territorio cesenate
Ha poi risposto, con generosità, alle domande degli alunni riguardanti i suoi “ricavi” emotivi , le sue convinzioni, i nuclei dei fatti che hanno visto suo padre, giovane protagonista, insieme ad altri “coraggiosi”.
È stato un buon segno storico l’incontro; intanto per la disponibilità del dott. Raffaele Bisulli, la sua cura nel narrare e precisare, il suo precisare che nella disponibilità verso l’altro si mostra umanità e si fonda amicizia, che conservare la Memoria storica anche dei fatti buoni è fondamentale per una storia futura e positiva.

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I grandi della scuola a Barbiana

Venerdì 27 ottobre le classi quinte sono salite a Barbiana.

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Salire a Barbiana non è solo percorrere l’erto sentiero ( della Costituzione) nel bosco con la fatica attaccata ai passi; salire, metaforicamente, è crescere.

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Cosa sapevano i bambini di don Milani? Sapevano il suo essere stato  coerentemente prete e maestro   nel corso della sua breve e ostacolata vita ; sapevano il suo essere stato dalla parte dei mancanti della parola e quindi del loro difficile modo di esprimersi, conoscere, proporre, dalla parte dei mancanti di  risorse per vite dignitose.

Sapevano della scuola, una scuola unica frequentata da alunni che don Lorenzo chiamava “figlioli”, l’uno maestro dell’altro che vivevano avendo a cuore e a mente “ I care”: m’importa.

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Finchè non sono arrivati, nel primo pomeriggio, risparmiati dalla pioggia.

Barbiana non è un paese!!! Barbiana è la canonica, la chiesa, il cimitero, alberi… Barbiana è qui!

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Don Milani vi arrivò nel dicembre  del 1954 sotto una pioggia battente, esiliato; aveva 31 anni.

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In chiesa hanno ascoltato  la storia di don Milani  lì, in quei pochi metri quadri, le storie degli alunni; nell’aula ( la scuola) si sono seduti intorno al tavolone costruito dai ragazzi di don Lorenzo, hanno visto gli strumenti del fare scuola, libri, grafici, e l’ ”I care”  appeso su una porta; nell’officina gli strumenti di lavoro, visitato il cimitero dove il  Maestro è sepolto.

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Barbiana è qui e contemporaneamente estesa  nel mondo con l’esperienza che in essa, tutti i giorni dell’anno, dal mattino al tramonto hanno vissuto insieme don Lorenzo e i suoi ragazzi, dal 1954 al 1967.

Anche scendere, andando incontro alla sera, non è stato semplice lungo il sentiero che al suo inizio/ fine ricorda,  scritto su un pannello, che  non c’è  nulla  che sia più ingiusto quanto  far parti uguali fra disuguali.

Nello scendere con  Barbiana  alle spalle non ci siamo sentiti, bambini e maestri più pesanti, ma  certo più cresciuti, più consapevoli dell’ ” I care”, più vicini.